No, non erano solo canzonette. Quei suoni e quelle parole erano l’espressione di un mondo, di un mondo che cambiava. La mostra “Noi…non erano solo canzonette”, in scena a Palazzo Belloni di Bologna fino al 12 aprile 2020, offre un percorso di immersione nella storia italiana dove la musica d’autore si fa strumento di esplorazione e interpretazione delle trasformazioni che caratterizzarono l’Italia a partire dalla fine degli anni 50 fino all’inizio degli anni 80: un periodo racchiuso fra l’abbraccio di Domenico Modugno sul palco di Sanremo 1958 e quello di Paolo Rossi nella notte di Madrid che nel 1982 vive la nazionale italiana di calcio conquistare il terzo titolo mondiale.
Attraverso immagini (prezioso l’archivio di Publifoto che inondava quotidiani e rotocalchi di fotografie) e canzoni che hanno fatto epoca, si rivivono i principali fenomeni sociali e culturali di quel periodo fra fine degli anni Cinquanta e inizio degli anni Ottanta: la migrazione di massa verso le città del Nord, l’avvento del consumismo, l’emancipazione femminile e giovanile, i movimenti studenteschi, le lotte operaie, il terrorismo, le radio libere, le discoteche e, infine, gli edonistici anni 80.
Mostra Noi: l’incontro Guccini-Zuppi
A lato della mostra, anche alcuni incontri. Il più atteso è quello programmato per sabato 29 febbraio alle 17,30 presso l’Aula Magna di Santa Lucia, che vedrà protagonisti il cantautore Francesco Guccini e il cardinale Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna. Accompagnati da Francesco Ubertini, rettore dell’Alma Mater e da Michele Brambilla, direttore QN e Carlino, i due ospiti si confronteranno e dialogheranno sulle parole di “Dio è morto” che con grande forza profetica invitano ancora oggi a riflettere sul nostro tempo.
“Ai bordi delle strade Dio è morto. Nelle auto prese a rate Dio è morto..” Era il 1965 quando Francesco Guccini, tra i più grandi cantautori italiani di sempre, scrisse “Dio è morto”, canzone destinata a segnare un epoca e a diventare, infine, un autentico classico capace di proporsi con tutta la sua forza anche alle generazione successive.
La canzone, ispirata alla poesia “L’Urlo” di Allen Ginsberg e al mito di Friedrich Nietzsche (Morte di Dio), diede voce al sentimento diffuso che animò il periodo tra gli anni 60 e 70: la rabbia nei confronti di una società ipocrita e ,allo stesso tempo, il desiderio di un cambiamento e di una rinascita totale. Tematiche mai sepolte del tutto e a distanza di 50 anni ancora attuali.
Tra i tanti incontri proposti dalla mostra Noi anche quello che vedrà il 10 marzo ospite Rita Pavone insieme al giornalista Oscar Giannino e allo storico Giovanni De Luna.
(Marco Lessi)
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